“Sono diventato autista di camion il 9 marzo 1987, ricordo perfettamente la data perché è il giorno successivo al termine del mio servizio militare”. Così Alessio Guizzetti, uno degli autisti della flotta dell’azienda Autotrasporti Cambianica, inizia il racconto del suo percorso professionale.
I mezzi pesanti sono presenti nella vita di Guizzetti fin dai suoi primi anni di vita: “Sono cresciuto in mezzo ai camion, tra i mezzi della ditta di autotrasporto di mio zio. Lì trascorrevo molto tempo libero, comprese le vacanze scolastiche; ho fatto molti viaggi in compagnia dei miei parenti. Mettermi alla guida di uno di questi grandi mezzi, quindi, è stata una scelta naturale e spontanea. Alla fine del servizio militare ho acquisito la certificazione professionale necessaria all’epoca, oggi conosciuta come CQC, e da allora non sono più sceso dal tir”.
Ci può dire cosa è cambiato in tutti questi anni nella sua professione?
“All’epoca era molto difficile guidare un camion, oggi ci sono molte comodità. Posso dire però che prima c’era più solidarietà tra colleghi: senza cellulari e navigatori barcamenarsi sulle strade era difficile. Ci muovevamo solo con cartine analogiche e con il supporto della ricetrasmittente CB, nota come ‘baracchino’. Era per certi aspetti più divertente, più formativo, più romantico e avventuroso. Fin da subito ho cominciato a viaggiare sulle tratte verso l’estero e potevo contare su una buona rete di supporto da parte di altri autisti italiani, ci si dava informazioni e consigli. Oggi abbiamo il supporto costante della tecnologia ma riscontro molta meno solidarietà, più individualismo”.
In che modo le innovazioni tecnologiche hanno modificato la guida?
“La tecnologia ha rivoluzionato tutto, ora ci aiuta tantissimo nella guida. Sono stati fatti grandi passi avanti per la sicurezza, è diventato tutto più facile e più piacevole dal punto di vista pratico. Il mezzo frena da solo, vari dispositivi ci segnalano spostamenti, ostacoli e problemi. Posso dire che rispetto al passato il bilancio è più che positivo: ci sono anche controlli più approfonditi da parte delle Forze dell’ordine, rispetto alle ore di guida ad esempio. Siamo più sicuri e tutelati, è migliorata anche la rete infrastrutturale. Anche se purtroppo però continuiamo a non essere sempre ben visti dagli altri automobilisti…”
Definirebbe attrattiva oggi questa professione per i giovani?
“Nel complesso sì. Anche se i costi per la formazione sono alti. Superato questo scoglio però, si può contare su una buona retribuzione, superiore alla media di molte altre professioni. Inoltre, è un mestiere che ti rende indipendente, ti insegna a stare al mondo. Si può apprezzare la libertà: sul proprio mezzo si è liberi di gestire tempo e lavoro in autonomia. Con la giusta organizzazione delle pause è possibile avere molta più libertà rispetto a un lavoro standard. Io consiglierei la mia professione a un giovane, tant’è che oggi la sceglierei di nuovo. Rimpiango solo il fatto di aver perso alcuni momenti con la mia famiglia, anche se poi potevo trascorrere con loro i weekend. Ma il mio bilancio complessivo è positivo: ho avuto una sorta imprinting nell’infanzia e questi grandi mezzi non hanno mai smesso di esercitare un grande fascino su di me”.